Abstract:
L identità di un luogo trova la sua base nella memoria collettiva nel vissuto delle persone nel modo in cui lo considerano proprio e lo modificano interagendo con esso. Il luogo è la sua storia e tutta la sequenza di immagini che compongono un eredità dal valore incommensurabile. E anche il più piccolo dei paesi possiede un patrimonio materiale e immateriale che lo rende unico. Dopo un evento tragico come il terremoto assieme alle rovine si avverte quasi istintivamente il desiderio di conservare qualsiasi traccia qualsiasi frammento racconti l unità di una comunità : modi di dire tradizioni orali culti riti. Ma questa eredità culturale rischia di scomparire se non viene alimentata e rinnovata e così parallelamente all impegno dei singoli è indispensabile rifondare degli spazi in cui la popolazione possa incontrarsi di nuovo e far rivivere la propria identità.Non si può cancellare il ricordo delle sofferenze vissute come non si possono cancellare le immagini della quotidianità e fra tutti quelle centrali del vivere urbano perché i muri i luoghi le strade fanno parte di noi in un modo che va molto oltre l essere una cornice separata dentro la quale succedono le cose . Ma al contempo non ha senso riprodurre o ripristinare un ambiente senza rischiare di generare un simulacro di quello che è stato. La soluzione più convincente resta quella di unire alle rovine spazi che richiamino le funzionalità di ciò che è oramai perso creando luoghi della memoria (secondo la definizione di Pierre Nora) vivi senza perdere il ricordo di ciò che c era. Il patrimonio culturale è un fattore essenziale per ricostruire il futuro dei territori colpiti dal terremoto e oltre alla vastità dei prodotti gastronomici conosciuti a livello nazionale e internazionale vi è un ricco patrimonio folcloristico che raccoglie forme espressive (balli musiche e canti) ancora vive nella tradizione dell Appennino Centrale. Perciò nella convinzione che la cultura è la base attraverso la quale passa ogni ricostruzione la rinascita della comunità deve percorrere quella direttrice del ritorno ai luoghi-simbolo della cultura cittadina. E se il migliore contributo è quello di provare a ricostruire quello spazio capace di condividere le emozioni e di raccontare una comunità non si può non ricordare che queste realtà oltre ad essere state il set ideale che Pietro Germi scelse per girare Serafino (film che nel 1968 lanciò Adriano Celentano nel mondo del cinema e campione d incassi della stagione cinematografica 1968/1969) hanno anche una ricco programma di manifestazioni di interesse regionale e nazionale che coinvolgono vari campi artistici inclusi il cinema la musica e il teatro. L obiettivo è quello dunque di creare un centro che sia al contempo un punto di aggregazione per le popolazioni e un attrattiva a livello turistico dove poter ballare sulle note del saltarello amatriciano o assistere a spettacoli di commedie dialettali dove poter ascoltare concerti di musica dal vivo o partecipare ad una rassegna cinematografica. Perché se questi centri storici ora non parlano più se non vi sono nient altro che macerie allora il primo passo è parlare di essi e per far si che non muoiano del tutto sono necessarie una serie di attrattive che facciano rivolgere lo sguardo verso quei luoghi feriti. Perché la cultura non è una medicina e non restituisce i morti. Eppure respirarla fa miracolosamente tornare in vita.